“Cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto all’infinito, un tutto in confronto al nulla”.
Si può partire da un concetto come questo espresso nel XVII secolo da Blaise Pascal per accostarci ai lavori – recenti – di Mario Conte e di Marina Falco che troviamo esposti, colloquianti, negli spazi di Palazzo Samone a Cuneo.
Natura, infinito, tutto e nulla, ma mi piace spingermi oltre; e immaginare i due autori, con occhi pieni di stupore e cuore che palpita, mettersi in ascolto, un ascolto che coinvolge tutti i sensi e che può ricordare la sensibilità che ebbe Leonardo da Vinci quand’era bambino e concentrava l’attenzione sui fili d’erba, sui fiori, sugli insetti su cui fermava lo sguardo nei prati dove correva libero o volgeva gli occhi ai profili più o meno lontani di colline e montagne o al trascorrere delle nuvole nell’infinito spazio del cielo, assorbendo da questa analitica osservazione della natura linfe emozionali, energie, sollecitazioni tese a comprendere l’infinitamente piccolo così come l’infinitamente grande. Che poi è quel che Conte e Falco, in qualche modo, vanno ricercando prima col pensiero e coi sensi poi con l’espressione che si concretizza in opera, in esito di un processo creativo; che diventa ‘altrove’.
È infatti in un ‘luogo altro’ che conducono i lavori dei due autori: partendo dall’occhio, dall’osservazione – parallelamente alle complesse e pulsanti elaborazioni della mente – metaforicamente servendosi di un microscopio o di un cannocchiale – mezzi per misurare distanze ravvicinate o lontanissime –, le tracce – opere – svelate suggeriscono dettagli del creato, della vita, della trasformazione continua della materia, oltre lo spazio e oltre il tempo.
Il concetto di artista-medium esposto da Marcel Duchamp nel suo intervento del 1957 alla Convention of the American Federation of Arts sosteneva che “l’artista agisce apparentemente come un essere medianico che, dal labirinto al di là del tempo e dello spazio, cerca la sua strada verso uno spazio aperto”. Dunque l’artista, secondo questo pensiero, non è pienamente cosciente nel realizzare i suoi lavori, o perlomeno lo è solo in parte; attingendo energia dall’universo, catturando vibrazioni cosmiche o le intime pulsioni dell’essenza vitale giunge a svelare nuovi orizzonti, a sollecitare percezioni ‘oltre i limiti dell’ostinata antropia pervicacemente geocentrica’ come ama sottolineare Mario Conte. Immergersi idealmente nell’infinito moto delle sfere, vagare in universi paralleli, dunque spingere la mente in luoghi sconosciuti e oltremodo lontani, è un perdersi dentro labirinti complessi e irrazionali che possono presentarsi-apparire-emergere.
Li ricerchiamo e insieme ne abbiamo paura, perché, umanamente, da un lato siamo curiosi e pieni di stupore davanti a ciò che non conosciamo, dall’altro assaliti da ataviche-ancestrali paure; e qui il timore è rivolto all’immensamente grande. All’opposto ponendo attenzione sui dettagli, sui microcosmi contenuti nelle cellule, sfiorando l’idea di un moto impercettibile ma continuo, di un’intima-sotterranea vibrazione pulsante che è il soffio della vita, anche qui, pieni di timori, vaghiamo-stupiamo e davanti a noi si presentano derive e visioni dell’infinitamente piccolo che ci fanno allineare-avvicinare al pensiero, caro a Marina Falco, espresso dal fisico statunitense Richard Feynman “c’è molto spazio nel fondo”. L’altrove è lì, accanto a noi, vicino, lontano, non importa. Importante è mettersi nella condizione di ascolto.
E avvertirlo.
Fonte: Comune di Cuneo