Il Covid, oltre che danni economici, milioni di morti e crisi psicologiche, ha riportato in voga anche gli sciacalli truffatori che hanno provato a fregare (e ci sono riusciti) migliaia di persone.
Parliamo di produttori di mascherine con finto marchio CE. Ovvero mascherine non certificate e che quindi, nella maggior parte dei casi, non servono praticamente a nulla.
Le mascherine in questione, di tipo FFP2, sono arrivate in Italia dalla Cina, ordinate da alcuni venditori italiani, ignari del fatto che la certificazione non fosse reale.
La maggior parte sono state poi rivendute ad una farmacia, prima che l’intero lotto venisse messo sotto sequestro dalla Guardia di Finanza.
Tra le altre cose, le mascherine del lotto avevano anche il “certificate of compliance”, falso anche questo.
Uno degli acquirenti del lotto, ha anche fatto ricorso contro il sequestro ma oggi, la Corte di Cassazione, con la sentenza 5607, lo ha respinto.
Il ricorrente ha affermato ed urlato la sua estraneità al possibile reato del quale si forse giustamente riteneva vittima, essendo stato alla fine raggirato dalla casa produttrice che aveva fornito la documentazione tecnica falsata.
Ovviamente a questo punto bisogna credere alla buona fede degli acquirenti, oppure si potrebbe pensare che si trattasse di una truffa organizzata.
Per i giudici cautelari quindi, che hanno ottenuto anche l’avallo della Cassazione, il sequestro era più che legittimo dal momento che la società inizialmente amministrata dal ricorrente aveva commercializzato tutti i dispositivi di protezione sequestrati in questi giorni «generando negli acquirenti il ragionevole ed ovvio convincimento che gli stessi dispositivi rispettassero determinati standard qualitativi che in realtà non sussistevano».
Inoltre, il Tribunale ha poi anche escluso la buona fede del titolare della ditta principale che aveva fornito inizialmente le mascherine ad una farmacia, vendendole come FFP2 certificate.