Account rubati: è possibile se le password troppo semplici rendono attaccabili i nostri dati
Gli account rubati – di social network e posta elettronica, ma anche di dati di pagamento – sono ancora, purtroppo, all’ordine del giorno. E la situazione è resa ancora più complessa e difficile a causa del fatto che molte persone, specialmente i più “anziani” ed i meno avvezzi alla tecnologia, continuano ad ostinarsi ad utilizzare password troppo semplici, che non possono in alcun modo tutelare dal furto degli account.
Secondo una recente ricerca condotta da Keeper Security che ha recentemente rilasciato un report sulla sicurezza delle chiavi di ingresso agli account, la password più in uso nel 2016 è stata proprio la più ovvia, la più comune: i numeri in sequenza, dall’1 al 6, oppure dall’1 al 9. Al terzo posto della classifica si trova la sequenza dall’1 all’8, e poi la classica password “querty”, ed infine quella al contrario, fino allo zero.
Il problema è molto più grave di quanto non possa sembrare, perché ad utilizzare password troppo ovvie è almeno il 17% degli utenti, con rischi davvero importanti per i loro dati, che possono essere rubati ed utilizzati nelle maniere più disparate (e negative).
Secondo la società che si è occupata del report, quindi, è fondamentale proporre campagne di educazione e di sensibilizzazione alla scelta ed all’individuazione di password che possano aiutare ad evitare conseguenze sistematiche.
Qual è, allora, l’atteggiamento più furbo e produttivo? Secondo la nota società, la raccomandazione è una sola: quella di utilizzare insieme numeri e caratteri, maiuscole e minuscole, o quella di appoggiarsi ad un password manager.